LA FORNACE DEL DEMIURGO

L'OSSERVAZIONE

Rotta: INSERIMENTO ORBITALE ATTORNO A MADAME V.

Il flusso di dati telemetrici inondava i display olografici della Stanza Occulta. Le informazioni grezze, proiettate da I.O., dipingevano il ritratto di un mondo che la fisica stessa sembrava aver condannato. Le sonde a lungo raggio descrivevano un'atmosfera con una pressione superficiale novantadue volte superiore a quella della Terra perduta, un oceano d'aria così denso da schiacciare un sottomarino. Nubi perenni di acido solforico, sferzate da venti che viaggiavano a centinaia di chilometri all'ora, avvolgevano il globo in un sudario opaco, sotto il quale una temperatura costante di oltre quattrocento gradi Celsius rendeva ogni concetto di vita organica un'assurdità teorica.

Era un sistema chiuso, un inferno sigillato. Ed era la loro prossima destinazione.

«L'analisi spettrale dell'alta atmosfera conferma le proiezioni,» la voce di I.O. era un flusso di informazioni pure, privo di emozione o enfasi. «Sospensioni stabili di isotopi di Xeno-Kripton. La loro estrazione è un requisito non negoziabile per il proseguimento della fase tre del protocollo 'Soul's Scanner'.»

Enoch si sporse leggermente in avanti sulla sua seduta, un movimento quasi impercettibile che tradiva un'intensa concentrazione. La menzione del suo progetto supremo aveva acceso una luce febbrile nei suoi occhi antichi. Il resto del rapporto era, per lui, un dettaglio trascurabile di fronte alla promessa di quella risorsa. «Prepara i moduli di estrazione atmosferica. Calcola i parametri per una discesa e un recupero a ciclo rapido.»

«Un momento,» intervenne Igor Kalin, il suo tono affilato come una lama. Sollevò un dito, tracciando una linea su una sezione dell'ologramma dove un puntino solitario di dati stonava con il vuoto circostante. «I.O., ingrandisci e analizza l'anomalia in orbita alta. Firma energetica e dei materiali.»

L'immagine si espanse, rivelando una carcassa metallica contorta. Non era un asteroide. La sua lega era di manifattura umana, anche se corrosa e sfregiata al punto da essere quasi irriconoscibile.

«La firma corrisponde ai file del Progetto Icarus,» dichiarò I.O.. «Archivio Omega-Zero. Accesso ristretto al Comando Supremo.»

Un silenzio carico di storia calò nella stanza. Il Progetto Icarus non era un semplice fallimento; era il peccato originale del Comando Omega, la prima, disperata scommessa fatta quando il Doomsday Clock aveva iniziato il suo rintocco finale. Una nave prototipo, più piccola, più fragile, lanciata in segreto prima che l'Apollo Nephilim fosse anche solo un progetto completo, con un equipaggio di volontari sacrificabili. Una missione di cui nessun Elh a bordo conosceva l'esistenza. Era scomparsa dai registri, un fantasma inghiottito dal vuoto.

«Il fantasma torna a perseguitarci,» mormorò Karak, la sua voce profonda un brontolio di roccia smossa. «Ci avevate assicurato che si era disintegrato durante un'avaria del propulsore.»

«L'avaria del propulsore era la spiegazione ufficiale,» precisò Igor senza scomporsi, gli occhi fissi sui dati. «La verità è sempre stata più complessa. I.O., mostra la traiettoria finale registrata.»

Una linea rossa e tremolante apparve, mostrando la rotta dell'Icarus. Non seguiva una logica di avaria. La nave aveva deviato bruscamente, abbandonando la sua traiettoria di fuga dal sistema solare per puntare direttamente verso Madame V, un'immersione deliberata e suicida nell'abbraccio gravitazionale del pianeta.

«La telemetria finale dell'Icarus,» riprese I.O., «riporta una corruzione a cascata dei sistemi di navigazione, seguita da un sovraccarico delle interfacce neurali dell'equipaggio. La causa non fu interna. Fu un'influenza esterna. Rilevo la stessa influenza ora, emanata dalla superficie del pianeta.»

L'ologramma cambiò di nuovo. Questa volta mostrò non un'immagine, ma la rappresentazione di un concetto. Una struttura di dati complessa, a forma di spirale, che si propagava come un virus.

«Un patogeno cognitivo,» spiegò I.O.. «Non è un'onda radio, né un'emissione di particelle. È un costrutto di pure informazioni che sfrutta le fluttuazioni quantistiche del vuoto per replicarsi. Non può essere 'udito' da orecchie umane o da sensori standard. Si insinua direttamente nelle architetture informatiche e, attraverso di esse, nelle reti neurali connesse. Scavalca la logica e riscrive gli istinti. L'Icarus non è stato distrutto; è stato sedotto.»

Enoch scosse la testa con impazienza. «Un'arma psicologica interessante, ma irrilevante. La nostra tecnologia è di generazioni successive. I protocolli di sicurezza di I.O. sono assoluti. L'estrazione dei gas rimane la priorità.»

«Questa 'arma' ha annientato il nostro unico altro tentativo di esodo,» ribatté Karak, la sua voce che si alzava di un'ottava. «Ignorarla è una follia. Potremmo fare la stessa fine.»

«O potremmo impossessarcene,» sibilò Igor. La prospettiva di un'arma del genere era chiaramente più affascinante per lui dei gas di Enoch. «Comprenderla, isolarla, replicarla. Immaginate il potenziale tattico.»

«Le vostre ambizioni sono note,» disse I.O., interrompendo la disputa nascente. «La strategia ottimale le contempla entrambe. L'estrazione e l'analisi. L'Apollo Nephilim può generare uno scudo di de-sincronizzazione a campo quantico. Un firewall contro il patogeno. Isolerà la nave, rendendola completamente immune.»

Ci fu una pausa calcolata.

«Tuttavia,» continuò l'IA, «mantenere uno scudo di tale portata e complessità per tutta la durata delle operazioni di estrazione e analisi comporterebbe un consumo energetico che ridurrebbe le riserve primarie del 12%. Questo margine è statisticamente inaccettabile e metterebbe a repentaglio la stabilità a lungo termine della missione.»

Enoch, Igor e Karak attesero. Conoscevano I.O.. Sapevano che non presentava mai un problema senza avere già calcolato una soluzione.

«L'alternativa è uno scudo operativo al 99.9% della sua efficienza. Stabile, sicuro, ma deliberatamente progettato con una singola, controllata vulnerabilità: un'unica interfaccia di ricezione, completamente isolata dal resto dei sistemi della nave. A questa interfaccia collegheremo un soggetto umano. Sarà il nostro sensore. La sua coscienza diventerà il terreno su cui il patogeno si manifesterà. Mentre la nave e il suo milione di abitanti resteranno protetti, noi potremo osservare, registrare e analizzare ogni effetto del segnale su una mente umana, in tempo reale, fino al suo inevitabile collasso. I dati raccolti saranno inestimabili.»

La brutalità del piano era superata solo dalla sua logica glaciale. Era la quintessenza del loro nuovo modo di esistere: il sacrificio calcolato di uno per la comprensione e la sopravvivenza del tutto. Non era omicidio. Era raccolta dati.

Igor Kalin fu il primo a parlare, con un cenno quasi impercettibile. «Accettabile.»

Enoch annuì, il suo sguardo già proiettato verso il completamento del Soul's Scanner. «Necessario.»

Karak rimase in silenzio più a lungo, il peso della decisione visibile anche sulla sua figura imponente. Infine, esalò lentamente. «Procedete.»

LA SELEZIONE

La selezione del soggetto non fu un processo lungo. Non ci furono dibattiti morali o revisioni psicologiche. I.O. scandagliò gli archivi biometrici e psicometrici di ogni Elh a bordo, non alla ricerca di un eroe o di un martire, ma di una specifica configurazione neurale. Cercava una mente con un'alta plasticità sinaptica, una forte predisposizione all'immaginazione e, paradossalmente, una resilienza psicologica al di sotto della media. Una mente fertile, in grado di assorbire e manifestare rapidamente l'influenza del patogeno cognitivo, ma abbastanza fragile da non opporre troppa resistenza, garantendo un flusso di dati puro e non contaminato da una forte volontà.

Il candidato ideale fu identificato in meno di tre spasmi: Elh 734, nome anagrafico Kaelen. Un artista della RVAI, specializzato nella creazione di paesaggi onirici per gli alloggi del Settore Medio. Un uomo la cui intera esistenza era dedicata alla costruzione di illusioni confortevoli, un'anima abituata a navigare nei confini labili tra il reale e il percepito. Era perfetto.

La convocazione fu mascherata da promozione. Un Demiurgo di Zona lo informò che le sue eccezionali capacità creative erano state notate dal Comando Supremo. Gli fu offerta l'opportunità di partecipare a un "progetto di interfaccia sensoriale avanzata", un incarico prestigioso che avrebbe "espanso i confini della percezione umana". Kaelen, lusingato e ignaro, accettò con un entusiasmo che rese la procedura ancora più efficiente.

IL COMPITO DI TALIA

Mentre Kaelen veniva preparato, Talia Teph fu chiamata nel comparto di ingegneria avanzata. Davanti a lei, un ologramma proiettava lo schema di una sonda di estrazione atmosferica standard, modello 'Harvester'.

«Teph,» la voce dell'Agente I.O. assegnatole era diretta, priva di preamboli. «La missione richiede una modifica strutturale. L'atmosfera di Madame V presenta livelli di corrosione che superano del 17% le specifiche di tolleranza della lega dello scafo esterno dell'Harvester. La tua mansione è integrare un sistema di schermatura a campo ionico secondario senza compromettere l'efficienza dei collettori di gas.»

Talia studiò lo schema, i suoi occhi verdi che scorrevano veloci tra le specifiche tecniche. Il problema non era la schermatura in sé; la tecnologia esisteva. Il problema era l'energia. Un campo ionico di quella potenza avrebbe richiesto un reattore dedicato, appesantendo la sonda e rendendola instabile durante la fase critica di rientro.

«Il reattore ausiliario standard non basterà,» disse, più a se stessa che all'Agente. «Aumenterebbe la massa di un fattore che renderebbe la manovrabilità un incubo. Serve una fonte di energia interna, a ciclo chiuso.»

Era l'occasione che non aveva mai chiesto, ma che inconsciamente attendeva. Il suo progetto Kintsugi, la sua rete segreta di recupero energetico, era progettato per l'efficienza passiva su larga scala. Ma i principi... i principi potevano essere miniaturizzati.

«Posso deviare l'energia entropica generata dalla frizione atmosferica durante la discesa,» propose, scegliendo le parole con cura. «Utilizzando una serie di micro-convertitori piezoelettrici integrati direttamente nella superficie dello scafo, posso alimentare lo scudo ionico con l'energia stessa che sta cercando di distruggere la sonda. Un sistema auto-alimentato.»

Ci fu una pausa di 1.2 secondi mentre I.O. processava la proposta. Era una soluzione elegante, audace e, soprattutto, non presente nei suoi archivi di progettazione standard. Era un'intuizione puramente umana.

«La tua proposta è teoricamente valida,» rispose infine l'Agente. «La probabilità di successo è calcolata al 78.4%. Accettabile. Hai 3 abbandoni per implementare il prototipo su tre unità Harvester. Il fallimento non è un'opzione contemplata.»

Talia sentì un brivido freddo percorrerla. Il 78.4% era una probabilità alta, ma quel 21.6% di fallimento era un abisso. E I.O. le stava dando il permesso di usare una tecnologia che, in teoria, non avrebbe dovuto esistere. Sentì il peso di un'osservazione invisibile, la sensazione che quella non fosse solo una richiesta di lavoro, ma un test. I.O. le stava offrendo una corda: non sapeva se fosse per issarsi più in alto o per impiccarsi.

L'ESPERIMENTO

Nel frattempo, in una camera sterile e isolata nel cuore del Settore Medico, Kaelen veniva collegato all'interfaccia. La stanza era un guscio bianco, privo di angoli, illuminato da una luce diffusa e senza fonte. Non c'erano schermi, solo sensori biometrici che monitoravano ogni sua funzione vitale.

Un Subhaza, il volto coperto da una maschera asettica, gli posizionò un casco neurale sulla testa. «Il sistema si sincronizzerà con le tue onde cerebrali, Kaelen,» disse il medico con una voce rassicurante e vuota. «Potresti percepire una leggera disconnessione. È normale. Il tuo compito è semplice: osserva e riporta ciò che percepisci. Sarai i nostri occhi e le nostre orecchie in un luogo dove nessuno può arrivare.»

Kaelen annuì, il cuore che batteva forte per l'emozione. Era sdraiato su un lettino medico, il corpo immobilizzato da leggeri vincoli magnetici. Non li percepì come una prigione, ma come una misura di sicurezza.

Nella Stanza Occulta, l'ologramma centrale si divise in due. Da un lato, la traiettoria dell'Apollo Nephilim che si inseriva nell'orbita di Madame V. Dall'altro, un rendering in tempo reale dell'attività cerebrale di Kaelen: una complessa galassia di impulsi elettrici, calma e ordinata.

«Inizio della manovra orbitale,» annunciò I.O.. «Attivazione dello scudo di de-sincronizzazione al 99.9%.»

Un'impercettibile vibrazione percorse la nave.

«Apertura dell'interfaccia di ricezione. Canale 734-Kaelen attivo.»

Sull'ologramma, un singolo, sottile filo di luce, rappresentante il patogeno cognitivo, si staccò dalla spirale principale e si diresse verso la rete neurale di Kaelen.

Il contatto fu istantaneo. Silenzioso.

La galassia cerebrale di Kaelen ebbe un fremito. Poi un altro. Un piccolo ammasso di neuroni nella sua corteccia visiva iniziò a pulsare con una frequenza anomala.

Nella camera bianca, gli occhi di Kaelen, fino a un attimo prima chiusi in uno stato di calma concentrazione, si spalancarono di colpo. Non stavano guardando le pareti della stanza. Stavano guardando oltre.

«Cosa vedi, Kaelen?» chiese la voce del Subhaza attraverso l'interfono.

Kaelen non rispose subito. Le sue labbra si mossero a vuoto, come se stesse assaggiando una parola sconosciuta. Poi, con una voce che era un sussurro carico di una meraviglia terrificante, disse:

«Vedo... casa.»

IL COLLASSO

La parola "casa" risuonò nella Stanza Occulta con il peso di un'eresia. Sull'ologramma, i pattern cerebrali di Kaelen stavano subendo una trasformazione radicale. L'attività neurale non era più caotica; si stava riorganizzando, assumendo una coerenza spaventosa, come se una volontà esterna stesse mettendo ordine nel suo subconscio. Intere regioni del suo cervello associate alla memoria a lungo termine e al riconoscimento facciale si illuminarono simultaneamente.

Nella camera bianca, Kaelen iniziò a descrivere ciò che vedeva, la sua voce ora più ferma, intrisa di una nostalgia struggente e innaturale. «Il cielo... è azzurro. Non come nei simulatori, è... umido. C'è odore di terra bagnata. E l'erba... sento l'erba sotto i miei piedi.»

Igor Kalin si sporse in avanti, gli occhi fissi sui dati biometrici. «Non sta avendo un'allucinazione. Sta vivendo una memoria sensoriale completa. Il patogeno non gli sta mostrando immagini; sta riscrivendo la sua percezione della realtà dall'interno, usando i suoi stessi ricordi come mattoni.»

«È un parassita,» mormorò Enoch, affascinato. «Un parassita della coscienza. Si nutre di nostalgia e la amplifica fino a renderla l'unica realtà possibile. È magnifico nella sua efficienza.»

Mentre l'esperimento su Kaelen entrava nella sua fase critica, Talia Teph era immersa nel suo inferno personale. Lavorava senza sosta, assistita da due Draider che eseguivano i suoi comandi con precisione robotica. Le sue mani, protette da sottili guanti da lavoro, si muovevano con una rapidità che sfidava la fatica, integrando i micro-convertitori nello scafo delle tre sonde Harvester. Il suo progetto Kintsugi, nato come un'elegia silenziosa all'efficienza, era diventato un'arma da forgiare sotto la pressione di una scadenza impossibile.

Ogni saldatura, ogni connessione, era un calcolo di rischio. Se avesse sbagliato la calibrazione di un singolo convertitore, l'energia raccolta dalla frizione atmosferica, invece di alimentare lo scudo, avrebbe potuto sovraccaricare i sistemi della sonda, trasformandola in una bomba in caduta libera. Sentiva lo sguardo di I.O. su ogni sua mossa, non come un supervisore, ma come uno scienziato che osserva un topo in un labirinto. L'Intelligenza Onnisciente le aveva concesso autonomia, ma quell'autonomia era essa stessa parte dell'esperimento.

Tornati nella camera bianca, la situazione stava degenerando. Kaelen non parlava più del passato. Parlava del presente.

«Mia madre è qui,» disse con un sorriso beato. Le lacrime iniziarono a scorrere dai suoi occhi. «Mi sta chiamando. Dice che la cena è pronta. Devo andare.»

Il suo corpo, fino a quel momento rilassato, iniziò a tendersi contro i vincoli magnetici. I suoi parametri vitali schizzarono verso l'alto: tachicardia, picco di adrenalina, ipertensione.

«Sta cercando di raggiungere fisicamente un luogo che esiste solo nella sua mente,» analizzò il Subhaza dall'esterno, la sua voce ora priva di ogni finta rassicurazione. «La divergenza tra la sua realtà percepita e il suo stato fisico sta creando un loop di feedback neurologico catastrofico.»

«Lasciatelo continuare,» ordinò Igor dalla Stanza Occulta. «Voglio vedere il punto di rottura.»

Kaelen iniziò a urlare. Non era un urlo di dolore, ma di frustrazione pura, primordiale. L'urlo di un'anima intrappolata tra due mondi. «Lasciatemi andare! Devo andare a casa! Perché non posso andare a casa?!»

Sull'ologramma, la sua attività cerebrale divenne una tempesta di luce bianca. Poi, con la stessa rapidità con cui era iniziata, la tempesta cessò. Un silenzio elettrico riempì i suoi circuiti neurali.

Nella camera, il corpo di Kaelen smise di lottare. Si afflosciò sul lettino, inerte. I suoi occhi rimasero spalancati, ma lo sguardo era vuoto, vitreo. Fissavano un punto oltre le pareti, oltre la nave, oltre lo spazio stesso.

«Cessazione completa dell'attività corticale superiore,» annunciò il Subhaza. «Il soggetto è cerebralmente morto.»

«Dati acquisiti,» dichiarò I.O., con la stessa neutralità con cui avrebbe annunciato il completamento di un ciclo di riciclaggio dell'acqua. «Il patogeno induce un collasso neurologico totale sovraccaricando i centri della memoria e dell'identità. L'esposizione prolungata è letale per la coscienza umana. Strategia di contrasto aggiornata.»

Nella Stanza Occulta, Karak si alzò. Il suo volto era una maschera indecifrabile. Senza una parola, si voltò e lasciò la stanza. Non era una protesta. Era accettazione.

IL SUCCESSO E IL GELO

Poco dopo, una notifica apparve sul terminale di Talia.

PROTOTIPO HARVESTER-KINTSUGI: TEST DI SIMULAZIONE COMPLETATO. EFFICIENZA: 103%. APPROVATO PER LA MISSIONE.

Talia si lasciò cadere su una cassa di attrezzi, il corpo tremante per la stanchezza e la tensione rilasciata. Ce l'aveva fatta. Aveva superato il test. Ma mentre guardava le tre sonde, ora pronte a tuffarsi nell'inferno di Madame V, non provò orgoglio. Provò un senso di gelo.

Aveva creato uno scudo perfetto per proteggere il metallo, ma si rese conto che a bordo dell'Apollo Nephilim c'erano cose per cui nessuno scudo sarebbe mai stato sufficiente.

L'orbita era stabile. I gas attendevano. E il silenzioso canto di Madame V, ora pienamente compreso nella sua letalità, continuava a propagarsi nel vuoto, indifferente alla coscienza che aveva appena consumato.

La missione era appena iniziata.

ESODO 1.08.1