SOTTO ATTACCO SU MAVORS

LA NOTTE DEL SECONDO ABBANDONO

La notte era passata in un silenzio denso, innaturale, quasi che il pianeta stesso stesse trattenendo il respiro. Ma all'alba del secondo abbandono, il suolo iniziò a vibrare. Non un terremoto, ma un rantolo profondo, un battito sommerso. I Draider furono i primi a captarlo: impulsi irregolari, movimenti sotto la crosta. La sabbia si increspava come pelle d'oca su una creatura colossale.

Le torrette sentinella reagirono all'unisono, i loro sensori ottici accesi come occhi spettrali, le canne d'acciaio orientate verso l'origine della minaccia. Poi, senza preavviso, il terreno esplose.

Dal sottosuolo emerse l'incubo: creature simili a formiche ciclopiche, i loro esoscheletri bruciati dal calore interno, pulsanti di un bagliore rossastro, come lava solidificata su un cuore di brace. Il suono dei loro arti che spezzavano la terra era un coro di morsi e lacerazioni, un fruscio alieno che parlava solo di fame e conquista.

L'Agente di I.O. 9541 intervenne immediatamente nei canali:

«Classificazione iniziale: Xenothreat. Esemplari catalogati come Redders. Armi attive. Leader Vorak, procedere secondo il Protocollo. Nessun rinforzo previsto.»

Vorak non attese ordini aggiuntivi. La sua mente, potenziata e affilata come una lama, si mosse più veloce del sistema stesso.

«Squadra! Formazione Delta. Copertura incrociata. Niente eroi.»

I Draider, sincronizzati dalla rete, formarono immediatamente un cordone, i loro impulsi al plasma illuminando il crepuscolo rossastro con scariche folgoranti. Le torrette iniziarono la sinfonia letale, vomitando proiettili cinetici che si frantumavano contro le carapaci dei Redders, ma solo alcuni crollavano. Gli altri avanzavano, implacabili.

Vorak era già nel mezzo. Il suo fucile Cerbero scatenava raffiche di plasma che incenerivano le bestie più piccole, mentre il braccio cibernetico Vortex-7 sparava impulsi sonici direttamente nei corpi degli invasori, facendoli esplodere dall'interno. I suoi occhi, attraverso il Visore NERO, tracciavano traiettorie tra i punti deboli dei nemici con freddezza.

L'ARRIVO DEGLI ARCONTI

Cinque ombre si stagliarono contro il cielo fulvo, emergendo dal cratere creato dalla prima ondata. Più grandi, più veloci, più letali. I loro esoscheletri brillavano di venature luminose, come circuiti biologici. Non si muovevano in modo casuale: si coordinavano, anticipavano, osservavano. Gli Arconti, la mente dietro il caos.

L'Agente di I.O. 9541 parlò, senza emozione, ma con la forza di un'entità che aveva già visto la fine e il principio.

«Nuova classificazione: Redders – Arconti. Livello di minaccia: Estremo. Analisi del comportamento: Coordinazione militare. Probabilità di sopravvivenza senza supporto umano ulteriore: 54,8%. Contrasto strategico: Invio moduli difesa avanzata.»

Sopra le loro teste, moduli corazzati in discesa, che atterrarono con impatti sordi. Le loro superfici si dispiegarono istantaneamente, formando barriere mobili e torrette laser autonome. L'Agente di I.O. 9541 trasmise l'ultima direttiva a Vorak:

«Leader Vorak, il comando è tuo. Rinforzi umani: nessuno. Probabilità di perdita completa della squadra: 4,2%. Accettabile. Procedere.»

LA BATTAGLIA

Gli Arconti caricarono. Una torretta esplose in una pioggia di schegge dopo un colpo perforante. Un Draider fu strappato a metà da un morso devastante. Le difese modulari resistevano, ma soffrivano sotto l'assalto incessante.

Vorak si mosse come un'ombra, il mimetismo adattivo della sua tuta Phantom-X lo rendeva un fantasma tra i nemici. Saltò su una barriera, ruotando in volo e scaricando tutto il caricatore del Cerbero nell'occhio luminescente di un Arconte, che crollò in un urlo ultrasonico.

Un'altra creatura minore piombò su di lui, ma il braccio Vortex-7 reagì per istinto: un colpo sonico a bruciapelo. L'onda perforò il cranio chitinoso, e l'essere collassò inerte.

Mentre la battaglia infuriava, la mente infinita di I.O. non osservava con distacco, ma con metodo. Ogni colpo, ogni morte, ogni movimento era già computato. L'esito finale era un calcolo. Solo una possibilità remota vedeva la squadra cadere. Ma anche se fosse accaduto, sarebbe stata solo una variabile sacrificabile nell'equazione più grande della sopravvivenza dell'Apollo Nephilim.

Vorak, il sangue misto a sabbia sul visore, ruggì tra i canali:

«Non ci prenderanno. Non oggi. Non su questa terra maledetta. Per l'Apollo Nephilim, non morite!»

L'Agente di I.O. 9541 replicò senza emozione, ma con una certezza incrollabile:

«Confermato. Non oggi.»

LA FINE DEGLI ARCONTI

Il campo di battaglia era un cimitero di metallo e carapaci fumanti. L'aria vibrava di energia residua, l'odore acre del plasma fuso si mescolava alla polvere rossa sollevata dagli impatti. Eppure, l'inferno non accennava a placarsi.

Gli Arconti avanzavano ancora, i loro movimenti calcolati, strategici. Non erano semplici bestie: erano comandanti, nodi di una mente più grande. Ogni loro azione rispondeva a una logica precisa, quasi algoritmica. Coordinavano le orde di Redders, ne deviavano i flussi, li sacrificavano senza esitazione per creare varchi.

Ma la Shadow Vortex non arretrava.

Nel cuore della mischia, il Leader Vorak era un mostro di precisione e morte. Non combatteva: eseguiva. Ogni colpo un calcolo, ogni nemico abbattuto una variabile eliminata. Il suo braccio Vortex-7 era un'arma senz'anima, ogni impulso sonico faceva esplodere le bestie dall'interno come gusci fragili.

La sua mente, spinta al limite dalla bioingegneria, anticipava le traiettorie degli attacchi, schivava con precisione spietata. Il Visore NERO mostrava i dati in tempo reale, gli occhi grigio acciaio trasformavano l'inferno in una simulazione perfetta.

Un Arconte caricò, le zampe artigliate si abbatterono come lame. Vorak si piegò all'ultimo, scivolando sulla polvere, il plasma del Cerbero fischiò attraverso il cranio della creatura. Il corpo si contorse in un ultimo spasmo prima di crollare.

Tre rimasti.

La voce dell'Agente di I.O. 9541 risuonò nel canale criptato, fredda come sempre:

«Leader Vorak. Analisi: comportamento degli Arconti più reattivo. Stanno adattando il loro schema offensivo.»

«Non abbastanza.» fu la sua unica risposta.

Un'esplosione squarciò la nebbia di polvere. Uno dei moduli difensivi avanzati inviati da I.O. aveva sovraccaricato i propri reattori, liberando un'onda d'urto devastante che travolse uno degli Arconti, frantumandone la corazza. Il Leader Vorak non perse tempo: un colpo preciso al centro nervoso esposto e la bestia crollò inerte.

Due rimasti.

L'ultimo Draider operativo tentò di bloccare un Arconte, ma la creatura lo smembrò in un lampo, le zampe tagliarono il metallo come fosse carta. Ma quell'attacco aveva lasciato un'apertura. Vorak caricò, un salto sovrumano, la lama al plasma del suo braccio cibernetico si attivò con un sibilo.

Affondò la lama nella gola dell'essere, spingendola fino al nucleo chitinoso. Il corpo dell'Arconte si agitò in una convulsione elettrica, poi si afflosciò su se stesso, morto.

Uno rimasto.

L'ultimo Arconte non attaccò. Non tentò di fuggire. Rimase immobile per un istante. Poi, con un movimento lento, inclinò il capo. Osservava. Analizzava.

Vorak sollevò il fucile Cerbero. Un lampo azzurro.

L'ultimo Arconte si accasciò al suolo.

Silenzio.

LA RIVELAZIONE

Per un istante, tutto rimase fermo. I Redders privati dei loro comandanti, si dispersero nel caos, ritirandosi nel sottosuolo. La battaglia era finita.

O almeno così sembrava.

Il suolo tremò. Questa volta, non per un attacco.

Sotto le ceneri e i detriti, sotto i resti fumanti dei Redders, qualcosa si muoveva.

Il vento cambiò direzione. L'aria divenne pesante, satura di elettricità statica. I dati delle scansioni si azzerarono per un istante, come se il pianeta stesso avesse smesso di esistere per qualche secondo.

Poi, una voce.

Non una trasmissione, non un suono. Un impulso primordiale, un messaggio inciso nella carne stessa del pianeta.

«VOI. SIETE. MALE.»

La sabbia esplose in colonne di oscurità, una massa colossale emerse dal sottosuolo, estendendosi come un'ombra vivente. Non era un semplice organismo. Era Mavors stesso.

Un titanico essere, un leviatano di carne e metallo, il cui corpo era la sintesi perfetta tra organico e sintetico. L'intero pianeta era contaminato dalla sua presenza. Il suolo, l'aria, ogni forma di vita esistente non era altro che una sua estensione.

I Redders non erano predatori. Erano anticorpi. L'intera battaglia non era stata altro che una risposta immunitaria.

E ora, la vera mente del pianeta si era risvegliata.

L'Agente di I.O. 9541 parlò con la solita calma assoluta:

«Nuova classificazione. Entità primaria rilevata. Mavors non è un pianeta. È un organismo senziente. Probabilità di sopravvivenza attuale: 1,6%.»

Vorak, ancora sporco del sangue alieno degli Arconti, osservò la colossale ombra emergere dal cuore del mondo.

E sorrise.

«Perfetto.»

ESODO 1.05.2